5 Stelle ai 4 venti. Come buttare un sogno di democrazia diretta.

Voltate le spalle a quello che era il Movimento delle origini, intransigente, pieno di utopie, dogmi e accenti su una retorica spesso definita “populista”, il Movimento 5 Stelle a trazione Conte ha mostrato negli ultimi 5 anni di poter essere tutto il contrario di tutto. Con la Lega prima, con il PD poi, con Draghi e tutti gli altri infine. La democrazia partecipativa a parole, pioggia di nomine e decisioni calate dall’alto nei fatti. Territori per una politica dal basso in teoria, palazzi e cerchi magici circoncentrici in pratica. Consultazioni online non pervenute, se non per delle ratifiche. Il tutto da chi oggi chiede una Costituente per fare l’esatto contrario di ciò che ha praticato e continua a praticare: basti guardare i disastri nelle amministrative, lo stallo nella Giunta regionale Pugliese, le regionali in Liguria, Umbria, Emilia. Basti pensare alla scelta di confluire in Left in Europa senza chiedere a nessuno, e candidare gente per scelta diretta, senza consultare alcun gruppo territoriale. Basti guardare lo statuto voluto da Conte, in cui ai gruppi territoriali viene tolto l’indirizzo politico. Altroché democrazia partecipata. Basta guardare i numeri.

I numeri? Sempre gli stessi, di iscritti e di gruppi territoriali, che nel “nuovo corso Conte” dovevano raddoppiare, come sarebbe dovuto accadere per il numero dei Consiglieri comunali, invece dimezzati, come il consenso alle europee.

Conte si è infilato in un campo più minato che largo. Il PD aspira ad una coalizione a trazione maggioritaria. AVS cresce, proprio interpretando quel ruolo che il Movimento 5 Stelle di Conte tenta di ritagliarsi, intercettando un elettorato più a sinistra del PD, più al centro di AVS. Praticamente un pasticcio senza un’identità. Sgomita, come lo fa Schlein, come lo ha sempre fatto Renzi. Sgomitano tutti in un campo che di largo non ha nulla, perciò è rimasto da ribattezzarlo come “patto della birra”, perché solo bevendoci su ci si potrebbe ragionare. Passata la sbornia restano i fatti. Cioè il nulla.

Il Movimento delle origini apparteneva ad un contesto storico ben preciso e certo non avrebbe alcun senso rispolverarlo oggi, tanto meno le sue contraddizioni che si schianterebbero contro un muro invalicabile di realtà. Ma la sua normalizzazione, per mano di Conte e dei contiani, è solo la riprova che il potere logora, e pur di difendere la poltrona sarebbero disposti a tutto, anche a non mollare l’osso. Basterebbe fondare un nuovo partito, lasciare il M5S, per dignità, coraggio, serietà. Invece siamo al Di Maio 2, il ritorno.

Ruota tutto attorno al secondo mandato, il resto sono chiacchiere. La costituente è la più grande operazione di marketing elettorale che poteva nascondere l’intento di “tabula rasa” dei vecchi meetup, come chiesto da Conte e ripetuto dai suoi fedelissimi coordinatori. Il piano, per chi è all’interno del Movimento, e chi era all’interno delle stanze dei bottoni, era chiaro: chiudere i conti con il passato, inaugurare una nuova stagione, fatta di correnti, buttando un sogno di democrazia diretta, partecipata, inclusiva e dal basso. Un nuovo Movimento, dalle ceneri di quello vecchio, che sia totalmente e tradizionalmente partito politico: finanziamento pubblico, potere alle segreterie e correnti fatte di nomine e poteri. Un sogno di partecipazione e democrazia dal basso, gettato ai quattro venti.

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