PAGATE VOI CHE ENTRATE

Le chiese, il turismo, il denaro.

Come i B&B ed i locali per il food and beverage, anche le chiese a pagamento sono ormai ovunque. Un fenomeno esploso con il turismo di massa, che ha mosso i primi passi agli inizi del nuovo millennio e, sebbene nelle principali città d’arte fosse già presente, il trend si è consolidato con l’esplosione quantitativa dei flussi e dei collegamenti.

Nel 2003, dinnanzi ai primi sporadici casi, la CEI si pronunciava sul principio dell’apertura gratuita delle chiese, come luoghi dedicati primariamente alla preghiera.

Nel 2012 circa 60 chiese su oltre 95mila prevedevano un pagamento. Si trattava prevalentemente di chiese gestite da Fabbricerie, strutture antiche a cui lo Stato riconosce personalità giuridica autonoma. Su tutti, le Cattedrali di Siena e Pisa. Strutture che non usufruendo di contributi pubblici, avanzarono per prime la richiesta di un ticket. Da lì l’illuminazione per tutte le altre.

Dopo qualche anno, infatti, furono alcune Diocesi ad attivarsi. Davanti all’aumento di fedeli e turisti che accedevano ai luoghi di culto, per scattare foto all’interno delle chiese, intralciando spesso le funzioni che erano poi alcuni dei pochi momenti in cui le chiese rimanevano aperte. L’estensione degli orari di apertura, perciò, è stato il pretesto basico per introdurre un ticket di ingresso. Così, qualche anno prima della pandemia, le chiese a pagamento sono raddoppiate e se ne contavano circa 130 in tutto il Paese.

A Lecce, ad esempio, nel 2019, nasce la cooperativa, Artwork, che per conto della diocesi leccese si occupa da subito di ticketing. Un servizio che si presenta molto scarso, con un sito web approssimativo, senza alcuna guida o servizio, se non un prezzo da pagare per entrare in una fascia oraria più estesa. Senza alcun know how ed esperienza, la cooperativa leccese parte dal ticketing delle principali chiese leccesi: il Duomo, Santa Croce, San Matteo e Santa Chiara in primis, diventando una locomotiva economica. Da qui si estende anche a beni pubblici, come le Mura Urbiche di Lecce, a cui il Comune concede il ticketing a titolo gratuito prima, addirittura offrendo 10mila euro poi, per garantire ingressi gratuiti (di fatto annullando il rischio di impresa di Artwork con denaro pubblico).

L’operazione Artwork si estende, così tra una sponda ecclesiastica ed una politica, si inaugura l’ascensore nel campanile del Duomo, si avviano attività di divulgazione culturale con svariati e macroscopici errori, eventi, mostre. Insomma, un vero e proprio operatore economico che arriva anche a Bari e Bitonto.

Così nel giro di pochi anni il fatturato cresce in maniera esponenziale, arrivato ad oltre 2 milioni di euro nel 2022, e che nel 2023 si attesta a circa 3 milioni di euro, con una crescita media annua che si avvicina attorno al 100%. Come operatore economico, nulla di male, se non per il livello piuttosto scarso di informazione e formazione, tra questi un fumetto di Pimpa, la cui realizzazione è piuttosto imbarazzante.

Artwork a Lecce però rappresenta un fenomeno di privatizzazione e turistificazione legata ad una ambiguità di fondo: il culto religioso e la natura degli spazi interessati. Perché se da un lato è la stessa CEI a ribadire nel 2012 che il pagamento ha ragion d’essere a fronte di servizi specifici, garantendo spazio e accesso per il libero culto e deve essere espressamente indicato (cosa che raramente avviene), andrebbe fatto notare che molte delle chiese in questione ricevono fondi pubblici, tramite l’8 per mille e i fondi per manutenzione straordinaria, direttamente dallo Stato.

Inoltre esiste un Fondo, il FEC (fondo edifici di culto) che fa capo ad un dipartimento del Ministero dell’Interno, che tutela direttamente 840 tra chiese e luoghi di culto.

Insomma, il solito intreccio tra Chiesa e Stato.

Qualche anno fa, per mezzo del Sottosegretario Orrico, in risposta ad un’interrogazione Parlamentare, il cui input è provenuto dallo scrivente, sosteneva che “l’obbligo di pagare un ticket per l’accesso presenta profili confliggenti con il criterio di destinazione e apertura al culto, requisito fondamentale per riconoscere il ruolo giuridico dell’ente ecclesiastico”. La ratio dovrebbe essere perciò quella di considerare prevalente la funzione cultuale (esercizio del culto) a quella turistico economica.

Rimane perciò da chiedersi se non occorra una legge sulla gestione dei fondi pubblici in favore della Chiesa, da interrompere nel momento in cui opera una propria economia, diventando perciò un operatore commerciale benché spazio cultuale, sebbene l’elemento giuridico che opera in suo favore sia una cooperativa o una società esterna.

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