Chiamatelo pensiero unico, mainstream, omologazione, chiamatelo come volete, ma è stucchevole.
Il modo con cui si semplifica il dibattito, rifiutando le analisi, in favore di una sintesi buona solo per i social, per l’auditel e per qualche ospitata tv, è del tutto patetico.
Lo abbiamo visto con la pandemia, lo stiamo rivivendo ora con la guerra. Sembra impossibile sfuggire da semplicistiche etichette che, per una narrazione dicotomica, vengono appiccicate su tesi e persone che cercano di entrare merito, nelle viscere dei problemi. E c’è qualcosa di ancora più grave. Il tentativo di denigrare e ridicolizzare chiunque sostenga tesi più complesse della semplice presa di posizione. Si arriva finanche a finti studi che identificherebbero il profilo di chi non la pensa come risulta necessario pensare, per non passare per fessi.
Esiste questa tendenza semplicistica di ritenersi dalla parte giusta, screditando le visioni differenti, a prescindere dall’autorevolezza della voce, dalla consistenza delle tesi, dalla credibilità e dalla verificabilità delle informazioni assunte.
Una voce che perde forza, anche se è quella autorevole di un virologo che sollecita attenzioni o dubbi, non sul vaccino ma sulla campagna vaccinale. Una voce che si perde nei trafiletti delle ultime pagine, anche se è quella del Santo Padre, che da del pazzo a chi rincorre nuovi armamenti.
Una voce che viene delegittimata, se entra nei dettagli della guerra fredda, quella geopolitica, che non vuole trovare vittime o carnefici, ma responsabilità e soluzioni. E poco importa se la voce sia del Direttore dell’Osservatorio sulla sicurezza internazionale, nonché professore associato nel dipartimento di Scienze politiche della Luiss, con specializzazioni al Mit di Boston e collaborazioni ufficiali come consulente del governo italiano.
Quest’ultima voce, addirittura censurata da Wikipedia, è divenuta motivo di dibattito politico, con la richiesta, di un gruppo parlamentare alla RAI, di non pagare l’ospite per le sue presenze, poiché ritenuto “pifferaio di Putin”.
E’ stato così per la pandemia, per i vaccini, dove secondo una ridicola rappresentazione, esistevano solo no vax e pro vax. In un colpo solo, avere il vaccino, valeva il titolo di pro vax, anche se fatto per il green pass o per obbligo, ovvero la stessa cosa. Allo stesso modo, senza vaccino, si scivola nel no vax alla pari del vaccinato che si interroga su efficacia, durata, regolarità dei contratti con le cause farmaceutiche e gestione dei dati in categorie divise (“da” e/o “con” covid) . Non esiste dibattito, o con o contro.
E’ così per la guerra. Non può esistere dibattito, esiste un duello, tra pacifisti e filo putiniani. Perché sostenere che la guerra è in atto da anni, anche con sanzioni, posizionamenti geopolitici, trattati e corsa al riarmo, vale l’etichetta di filo putiniani. Sostenere che la NATO si sia trasformata in un’ambasciata USA, e che l’Europa si è appiattita su un atlantismo cieco, abbandonando il multilateralismo, utile per essere ago della bilancia, come geograficamente siamo condannati ad essere, può valere il titolo di putiniano. E non esiste dubbio sulle parole di Biden, quello potrebbe portare alla targhetta da nazista.
Tuttavia, chi pratica questa distinzione, si ritiene pacifista, sventolando la bandiera Ucraina, non quella della pace. Armando ed aumentando gli investimenti in armamenti. E fino ad oggi era lì, inerme, a vedere le cancellerie di mezzo mondo fare affari con la Russia, a baciare le mani degli oligarchi, a investire in giacimenti, risparmi e azioni. E fino ad oggi, da quel mostro, hanno ottenuto finanziamenti e accordi commerciali.
Ma c’è di più, c’è di peggio. C’è chi oggi prova a collegare il mondo del no vax con quello dei filo putiniani. Perciò guai a ritenere Zelensky corresponsabile di una diplomazia troppo debole. Guai a sostenere che la neutralità era l’unica via d’uscita. E poco importa se a sostenere tali tesi ci siano tra i più influenti professori ed esperti di geopolitica. Diventi un pifferaio di Putin, o al più un filo putiniano.
La verità è che le questioni sono più complesse delle patetiche sintesi a cui siamo sottoposti, ma fa comodo, per ignoranza o disonestà intellettuale, farla semplice, anzi, sempliciotta, come le persone che si esercitano a dare risposte banali a questioni complesse.