Restate comodi a casa, sul divano, a guardare la TV. Magari una tribuna politica dove si parla di disoccupazione, lavoro e reddito di cittadinanza. Avete fame? Non vi alzate. Basta ordinare tramite App, oppure dal sito internet della pizzeria o del ristorante preferito. Pochi minuti e un rider vi porterà la cena. Si uno di quelli che prima avreste trovato in sala a servirvi, ora è in giro per le città, con lo scooter, in bici o sul monopattino. Uno di quelli che nelle sale a fare camerieri, baristi o aiuto cuoco non si trovano più, perché è lì, a portarti da mangiare a casa. Lo fa scegliendo gli orari in cui mettersi a fare le consegne e se guadagnare fino a 2mila euro al mese oppure gliene bastano 5-600. Dipende solo da lui. E se i ristoratori non trovano personale è perché a fare i riders ci sono finiti oltre 600 mila ragazzi in tutta Italia.
Si chiama gig economy ed insieme alla sharing economy sono dinamiche ben note da oltre un decennio. Eppure nulla è stato fatto per governare questi cambiamenti, ed oggi li subiamo.
Tranquilli, in tv il famoso ristoratore ammicca al noto imprenditore, e sostengono che non ci siano più i giovani di una volta. Il problema è che non ci sono più giovani. La denatalità di questo Paese porta ad avere sempre più pensionati e meno giovani. E di sostegni reali alla natalità non se ne sono visti, e fare un bambino, per una coppia di giovani precari, è un rischio più arduo dell’iniziare un’impresa.
Il rider è già arrivato, vi consegna la cena, il conto è sempre più salato, 4 pizze, 2 hamburger e 3 bibite a 80 euro. Qualcosa non torna. Si chiama inflazione, oppure speculazione, ma comunque il vostro stipendio è rimasto identico a 10 anni fa, l’unico in Europa a non crescere. In tv parlano del salario minimo, e anche questa volta siamo tra quei 6 Paesi che non ce l’hanno. Ma anche se ci fosse, anche se ci sarà, basta dichiarare meno ore di lavoro, rispetto a quelle effettivamente lavorate, ed il resto cash, in nero, e muoia Sansone con tutti i filistei.
Ma l’imprenditore in TV dice che è disponibile a pagare i suoi dipendenti 1.600 euro al mese, peccato lo dica in TV, di contratti così se ne vedono ben pochi. Peccato che per 4 mesi di lavoro, spesso 7 su 7, all’occorrenza 10-12 ore al giorno, festivi inclusi, anzi soprattutto i festivi, pagare più di 1.000 euro al mese sia semplicemente giusto.
In collegamento interviene un’imprenditore illuminato, di quelli che investe nella propria attività e non trova personale qualificato. Certo, sono finiti tutti nei portali di crowdwork (lavoro della folla) dove grandi gruppi globali, compreso Amazon, hanno investito per avere una schiera di micro-professionisti pronti a svolgere tante piccole mansioni in maniera autonoma e low cost, data l’assenza di costi fissi. E hanno preferito finire lì, piuttosto che aspettare il momento giusto, vedere disattese promesse, aspettative e ambizioni, o alimentare invano sogni spezzati dal sistema di raccomandazioni e parentele. Altro che meritocrazia.
Si è fatto tardi, avete lo smartphone tra le mani, e scorrete tra un Tik tok, un video Instagram ed un post di Facebook. E pensare che migliaia di ragazzi ci lavorano per tutti quei contenuti che stai guardando, e ci guadagnano, e nessuno se n’è accorto. Sono influencer, tiktoker, youtuber, e guadagnano con le visualizzazioni, piuttosto che con i brand sponsorizzati. All’INPS non risulta niente, ma questi qui un lavoro ce l’hanno eccome.
Di seguire il solito dibattito non vi va più. E’ tempo di programmare la vostra vacanza, fa caldo, ed è momento di andare in ferie. Cellulare in mano, aprite Booking, iniziate una ricerca, magari scegliete una favolosa casa vacanza, uno splendido B&B. Se ne trovano belli, comodi, a poco prezzo rispetto ad Hotel e strutture alberghiere, si trovano su portali come AirBnB e a risponderti non c’è un dipendente formato e con la padronanza delle lingue, ad accoglierti non sarà un receptionist, a prepararti la colazione probabilmente non ci sarà nessuno perché troverai tutto per fartela da solo.
Si chiama asset rental ed è una dinamica tipica della sharing economy.
Ci sono circa 1 milione di lavoratori che nella precarietà di un contratto stagionale, nell’assenza di prospettive di crescita, nella mancanza di certezze, nell’assenza di straordinari pagati per lavorare 7 su 7, compresi festivi, scelgono di mettersi in proprio, e di accettare le stesse condizioni da una piattaforma, sul web, ma alle condizioni di lavorare a distanza, senza costi, oppure nelle giornate e per la durata oraria che più si ritiene opportuno. Questo mondo qualcuno l’ha creato, gli altri si stanno semplicemente adeguando.
E’ un mercato del lavoro completamente cambiato, dove anche il posto fisso viene messo in discussione, perché di cambiare città, prendere in affitto un trilocale a 900 euro al mese, per campare di stenti, finanziamenti, rate e rinunce, vedendo il 20% della popolazione arricchirsi fino a possedere l’80% della ricchezza nazionale, non ne ha più voglia nessuno.
Ci si sta ritorcendo tutto contro. Anni di pratiche speculative, di diritti erosi, di salari bloccati, di esternalizzazioni selvagge, di svendite di patrimonio pubblico, di politiche scellerate.
Che sia un divano o una poltrona, sedetevi signori, lo spettacolo è appena iniziato, ed anche se è il solito siparietto stucchevole, se non avete lacrime per piangere, fatevi due risate, mentre brancolano nel buio, e l’unica luce che rimane accesa è quella della tv che da ancora voce a degli incapaci.