Il 2000, la rete, la globalizzazione, l’intelligenza artificiale e i big data. Doveva essere il nostro progresso, ed invece eccoci qui, impoveriti, sfiniti, arrabbiati. Tra una pandemia globale ed una guerra dal sapore mondiale.
Dovevamo trasportare informazioni, abbiamo veicolato fake news, dovevamo diffondere la democrazia, abbiamo diminuito la partecipazione alla vita politica delle persone. Dovevamo diffondere benessere, abbiamo diminuito salari, aumentato le mansioni, eroso i diritti, aumentato gli obblighi.
Un pianeta senza distribuzione di ricchezza, che ha aumentato i privilegi del 20% del pianeta, che possiede quanto il restante 80.
Doveva essere la globalizzazione, il mercato unico, gli scambi, a renderci la vita migliore, ce l’ha distrutta. Il mondo si è trasformato in una polveriera, dove ora scarseggiano materie prime, per colpa di politiche comunitarie che hanno visto aumentare gli obblighi di produzione contingentata, inserire le quote, per mantenere forzatamente in equilibrio le economie (totalmente diverse) del continente europeo, nonché di tutto il mondo.
Salvo importare, aumentare lo spreco, il trasporto da una parte all’altra del globo. Ed il latte che avevamo, lo dovevamo buttare. Ed i campi coltivati per cereali, farine, mais, lasciati lì a marcire. Per averli dall’Ucraina, dal Brasile, da qualunque Paese lontano, purché ci fossero di mezzo lobby, trattati internazionali, potentati e lucro basato su economie intensive, impattanti, devastanti. Dove diminuiva la qualità, seppelliti i diritti della manodopera, aumentato il contributo della chimica, triplicati i fatturati, in nome di un presunto risparmio che si è ritorto contro, in termini di salute, economia, ecologia.
Abbiamo deriso chi si opponeva alla globalizzazione. Abbiamo schernito chi teorizzava la decrescita felice. Oggi siamo costretti a tornare a guardare in casa, a produrre le materie prime necessarie, e a considerare nuovi modelli di economica più sostenibili ed efficaci.
Doveva essere l’era del digitale, del tailor made, del benessere diffuso. E siamo qui, tra le polveri di una guerra e l’areosol di un virus.
Doveva essere progresso, è stato un fallimento.