La tuttologia è materia diffusa, ed anche quest’anno il dibattito sul turismo ci restituisce le solite note stonate della hit estiva salentina “stessa spiaggia stesso mare”. Passano gli anni ma permangono livelli che qualificano un disagio di un territorio alle prese con una turistificazione selvaggia, conseguenza di una mancata pianificazione della destinazione, di flussi, presenze, eventi e servizi.
Le valutazioni sul costo di una frisa e di un ombrellone possono interessare tanto quanto la conta di arrivi e presenze, ma se volessimo elevare il dibattito occorrerebbe fare un ragionamento sulle basi del management del turismo. Il marketing management infatti si basa sulle cosiddette leve strategiche di cui solo il prezzo, spesso confuso con il valore, e la promozione, spesso mangiatoia e grancassa politica per un ritorno di immagine, vengono discusse, ed anche in maniera superficiale. Le altre leve (definite anche “p” del marketing mix) riguardano il prodotto, il posizionamento, le persone.
È su queste che il lavoro si deve concentrare.
Quale prodotto, quali offerte realizzare? Al momento circa il 70% della domanda è balneare e perciò legata ad una forte stagionalità. Ciò si traduce in precarietà di molti lavoratori, nonché in mancate prospettive, scarsi investimenti, poche ricadute. Basti pensare che il 50% dell’incoming in Salento si registra nei soli 3 mesi estivi e che le imprese mostrano un tasso di mortalità elevato e di natalità prevalentemente nella ricettività e nella ristorazione. Lecce in primis, nonostante i proclami, resta meta, non destinazione, ed il 70% delle presenze si registrano in 5 mesi con una media di 2,7 notti, contro quella nazionale di circa 4 notti. Creare nuove offerte, coinvolgere più mercati ed integrarli, con una visione chiara di destination management è l’unica soluzione per creare nuove stagionalità e non parlare più di questa maledetta e mai realizzata “destagionalizzazione”
E poi il posizionamento: ne parleremo prima o poi? Per assurdo la località con un posizionamento più chiaro è Gallipoli, con la sua tanto vituperata movida. Giovani, spiagge, mobilità leggera, eventi e serate, caratterizzano un’offerta chiara, ed il presidio di un mercato. Ciò non per una strategia pubblica, ma per un’inerzia del mercato stesso, con tutti i disagi che il primato del mercato privato sull’interesse pubblico può creare. Tutto il Salento si muove senza una guida, senza mettere a fattor comune eventi, collegamenti, risorse e infrastrutture. In ordine sparso, senza perciò, oggi, essere riconosciuto con un posizionamento chiaro: cosa offre, chi è, cosa fa, perché merita di essere visitato il Salento? Il mare non basta, i prezzi non sono più bassi, le specialità gastronomiche sono diffusamente apprezzate anche quelle dei competitor, gli eventi stanno mostrando un format stantio e poco innovativo. Insomma, bisogna urgentemente riconsiderare nuove forme di turismi ed occupare nuovi posizionamenti.
E le Persone come sono coinvolte?
La vera vittima della mancata programmazione è il territorio e, le persone che dovrebbero partecipare alla crescita sostenibile dello stesso, sono spesso distanti se non complici della deriva.
L’economia sommersa, gli illeciti, la criminalità che si nasconde, si ripulisce e governa alcuni mercati, imprese e attività, trovano spesso una collusione con la società che ne trae miseri vantaggi.
Il degrado delle campagne, i rifiuti gettati in ogni dove, la privatizzazione selvaggia, il modello predatorio di un turismo mordi e fuggi, sono la diretta conseguenza di una mancata programmazione o di una forte volontà di avere un mercato che permetta di cumulare ricchezze invece di distribuirle, di spremere un territorio invece di valorizzarlo e tutelarlo, di governare il turismo invece che subirlo.
Un modello che non conviene a tanti, ma non è così per tutti.