Bollette care, e c’è sempre un modo per far ricadere il costo sui cittadini. Che si chiami pandemia, guerra o inflazione, in realtà, dietro ad una crescita annua dei costi che supera il +30% c’è sempre la speculazione.
Bollette care, anche quelle della luce, dove c’è il canone RAI. Certo, la luce non raggiunge il gas, in quanto a speculazione e batoste, ma l’idea che in tutto ciò che usiamo, si debbano nascondere odiosi balzelli per fare cassa, inizia ad essere scomodo, fastidioso, di questi tempi, quasi criminale.
Come spesso accade nel nostro Paese, le aziende di Stato si pregiano del contributo pubblico incondizionato e dietro la bandiera di “azienda di Stato”, spendono e spandono, accumulando debiti sul bilancio dell’azienda, mentre i dirigenti si arricchiscono e i cachet continuano a volare. E’ una lunga storia, che per sintesi possiamo chiamare Alitalia. E’ una lunga storia, che per attualizzare chiamiamo RAI.
Il bilancio depositato 2020 ed il semestrale 2021, parlano chiaro.
Il 70% delle entrate di RAI provengono dal canone, oltre 1,7 miliardi di euro. Il personale, che conta 12 mila dipendenti, pari ad Alitalia (per l’appunto), resta il costo più elevato. La diretta concorrente, Mediaset, impiega la metà dei dipendenti di RAI ed il costo del personale è pari ad 1/3 di quello della TV pubblica, che sborsa circa 900 milioni di euro ogni anno per i suoi dipendenti, con una sproporzione netta tra i cachet dei grandi ospiti e presentatori e tutte le figure che ruotano intorno alla produzione.
Mediaset nel 2020 ha prodotto un’utile di 140 milioni di euro con un fatturato di circa 2 miliardi e mezzo, praticamente identico a RAI, ma senza canone pubblico. E la TV di Stato? Altroché utili, una perdita di 20 milioni di euro, che si sommano all’indebitamento netto di 530 milioni di euro.
Questo parallelismo mostra come un’azienda pubblica, sovvenzionata dal canone, dovrebbe avere una capacità maggiore di mantenere performance economiche ottimali, ed invece produce disavanzi e indebitamento, dissipando denaro pubblico preso direttamente dalla bolletta della luce di milioni di italiani. Scarsa digitalizzazione, format desueti, cachet impressionanti, una politica industriale rigida e poco lungimirante, appartengono ad un management incapace di evitare sprechi, ottimizzare risorse, investire al meglio. Perché tali inefficienze le devono pagare gli italiani e non i dirigenti e i vertici incapaci? Non è più tempo di vacche grasse: sospendiamo il canone RAI, per non dire cancelliamolo per sempre.
Quando l’inflazione eccede di gran lunga il tasso di crescita di un’economia, siamo davanti a pura speculazione e come tale va chiamata. Se con una tassazione obbligatoria, un’azienda di Stato, continua a sperperare denaro pubblico, si chiama speculazione, e come tale va trattata.
A decorrere dal prossimo anno, perché non sospendiamo il canone RAI, fino a quando il management non si dimostra capace di raggiungere il pareggio di bilancio? Certo, senza il canone sarà ancora più difficile, imparassero allora ad acquisire maggiori introiti pubblicitari, soprattutto dal web, lanciassero nuove iniziative interattive a pagamento, snellissero costi, ottimizzassero le produzioni, diminuissero i cachet. Facessero impresa, senza parassitare sulle tasche degli italiani.