Le notizie che arrivano da Taiwan sembrano irrompere in uno scacchiere già compromesso, ed i precari equilibri tra il blocco atlantico ed il mondo orientale, subiscono l’ennesima forzatura. Ma andiamo per ordine.
Perché Taiwan?
Taiwan è uno Stato insulare il cui nome originale è Repubblica di Cina, e nel corso di centinaia di anni, data la sua posizione, è stata luogo di conquiste e di scontri. Dopo la seconda guerra mondiale, passò dal governo giapponese a quello cinese. Durante la guerra civile cinese, nel 1948, la popolazione di Taiwan riuscì ad approfittarne organizzando sommosse e destituì il governo cinese, autoproclamando la nascita della nuova Repubblica di Cina. Non riconosciuta dall’ONU e neanche dalla repubblica popolare cinese, Taiwan è riconosciuta solo da 13 Paesi al mondo, compreso il Vaticano.
Taiwan è un’importante sito produttivo e manifatturiero, il 90% dei semiconduttori più avanzati provengono dall’isola che conta una popolazione di circa 23 milioni di abitanti. 19°Paese al mondo per volume di scambi commerciali, ha come 5° partner commerciale europeo l’Italia.
Cosa sta succedendo?
Stati Uniti e Cina trovarono il loro primo vero punto di contatto nel famoso accordo di Shangai del 1972 dove venne messo per iscritto che “Taiwan è una regione della Cina ed è ad essa annessa e la liberazione interna a Taiwan è una questione interna della Cina, tutti i presidi americani devono essere ritirati dalla regione“. Dal parte americana veniva asserito nel documento che “Gli Stati Uniti riconoscono che tutti i cinesi, da entrambi i lati dello stretto di Taiwan, ritengono che esista una sola Cina e che Taiwan sia parte della Cina. Il governo degli Stati Uniti non mette in discussione questa posizione e afferma il suo interesse in una risoluzione pacifica della questione di Taiwan da parte degli stessi cinesi“.
Fu così che l’amministrazione Nixon, riconoscendo la questione cinese, ottenne garanzie sulla pacificazione dell’area già scombussolata da disordini interni e conflitti, garantendo anche maggiore sicurezza a Paesi vicini agli Stati Uniti e mantenendo attivi gli scambi economici.
L’America lavora per un Governo indipendente dalla Cina, che abbia riconosciuta la sua autonomia presso l’ONU e le cancellerie di tutto il mondo, intrattenendo rapporti sempre più stretti con il governo di Taipei. Un lavoro che anche gli americani definiscono “chiara violazione dello spirito del comunicato di Shanghai“.
Cosa succederà?
La presidente della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, Nancy Pelosi, ha fatto visita al Parlamento di Taipei, creando imbarazzo tra diplomatici e delegazioni, ma a ben vedere, dopo la conversazione in video chiamata di Biden ed il presidente cinese, in cui Xi Jinping ha letteralmente detto “se giocate con il fuoco, finirete col bruciarvi”, quella americana, sembra una provocazione a stelle e strisce. Il Presidente americano, per non dare sostegno ad una missione per nome e conto del governo americano, avrebbe potuto negare il cerimoniale ed il volo di Stato alla terza carica USA. Così non è stato, ed i nervi ora sono tesissimi.
Non è chiaro perciò l’intento della Casa Bianca, ma è certo che abbia aperto una crisi molto grave. La Cina ha iniziato delle esercitazioni militari nelle acque di Taiwan ed il governo di Taipei si dice molto preoccupato e ha predisposto i relativi sistemi di Difesa e allertato i reparti pronti al combattimento.
E’ evidente che lo scenario sia inquietante e che polarizzi e distanzi i due blocchi contrapposti: da una parte la Cina si avvicina ulteriormente alla Russia, dall’altra gli Stati Uniti ammiccano al Giappone e continuano tramite il segretario generale della NATO ad infittire la rete di relazioni diplomatiche con nuovi possibili ingressi nell’alleanza.
Una pedina in più in uno scacchiere impazzito, in cui, con sempre più astuzie e meno trattati, si cerca di spostare l’equilibrio da una o dall’altra parte.